4 Le proposizioni argomentali

Finora abbiamo studiato gli argomenti come sintagmi nominali in uno stretto rapporto con il predicato. Ora possiamo invece vedere cosa succede quando questi argomenti hanno una struttura verbale e non nominale. Poiché, come abbiamo visto, la presenza di un verbo permette la definizione della frase, ci troveremo dunque di fronte a strutture di frasi complesse in cui altre frasi possono valere come argomenti. Le proposizioni argomentali o completive sono subordinate che rivestono la funzione sintattica di argomento della reggente, ovvero la completano:

    1. Uno sbaglio può capitare
    2. Può capitare di sbagliare

Converrà ricordare un momento che gli argomenti sono quei sintagmi (o gruppi di sintagmi) che si trovano in una relazione nucleare o circostanziale con il predicato e come abbiamo visto sono 1 (intransitivi), 2 (transitivi), 3 (ditransitivi) e così via. Così negli alberi sintattici possiamo studiare le posizioni argomentali (qui raffigurate dopo che i movimenti hanno avuto luogo): l’argomento esterno (A nelle transitive, S nelle intransitive) in Spec, TP; l’argomento interno O in Spec,vP e l’argomento interno IO come complementatore di VP:

Struttura argomentale

Figure 4.1: Struttura argomentale

Tenendo a mente questa struttura argomentale, possiamo ora cominciare a sostituire i DP, quindi i costituenti nominali, con vere e proprie proposizioni –che assumeranno dunque il nome di argomentali.

4.1 Soggettive

Le soggettive sono quelle frasi subordinate che occupano lo spazio sintattico del soggetto della reggente e possono essere distinte in esplicite se il modo del predicato della subordinata è finito (condizionale, congiuntivo, imperativo, indicativo) ed implicite quando indefinito (infinito, gerundio, participio).

    1. È importante che si stia bene.
    2. È importante stare bene.

Forniamo di seguito due rappresentazioni ad albero delle seguenti frasi, in cui la prima mostra una frase semplice con un DP nello spazio dell’argomento esterno e la seconda una intera frase CP:

  1. [Il poco studio di Mario] preoccupa i genitori
Frase con DP nello spazio soggetto

Figure 4.2: Frase con DP nello spazio soggetto

  1. [Che Mario studi poco] preoccupa i genitori
Frase con CP nello spazio soggetto

Figure 4.3: Frase con CP nello spazio soggetto

Le soggettive hanno come predicato verbi impersonali o usati impersonalmente:

  • accadimento (accadere, occorrere, capitare) o evidenza (parere, sembrare, risultare, apparire)
  • psicologici (allarmare, divertire, interessare, disturbare, appassionare, seccare)
  • verbi di opinione, di speranza, del dire con “si passivante” (si dice, si pensa, si crede, si ritiene, si spera, si teme)
  • impersonali con verbi copulativi (essere, sembrare, parere)

Per la seguente parte si fa riferimento a (Renzi 1988, 660 e sgg.).

4.1.1 Predicative

4.1.1.1 Con aggettivo

Nelle costruzioni copulari con aggettivo in cui la subordinata funge da soggetto, quest’ultima può precedere o seguire il predicato:

    1. È chiaro [che tu non ti sia preparato a sufficienza]
    2. È inutile [affaticarsi tanto]
    1. [Che gli studenti non studino filosofia] è inammissibile
    2. [Che Mario si sia affaticato tanto] è stato inutile

Tendenzialmente, in posizione posposta al predicato, non vengono precedute dalla preposizione di –escluso in alcuni casi per motivazioni stilistiche (stile molto ricercato):

    1. (*) È inutile di affaticarsi tanto
    2. (*) È vergognoso di approfittare della situazione

Sebbene in tutte le frasi soggettive, l’infinito è più frequente di un modo finito, la forma temporalizzata è perfettamente accettabile (con restrizioni se in posizione iniziale).

4.1.1.2 Con avverbio o SP

Tipiche delle costruzioni idiomatiche, hanno come predicato un avverbio o un SP. Se con SP la loro posizione è libera, nel caso della predicazione avverbiale è lecito solo l’uso posposto:

    1. È bene [che ci intendiamo subito]
    2. [Rassegnarsi al peggio] non è da lui

4.1.1.3 Con SN

Poiché i sintagmi nominali (SN e DP) hanno la possibilità di esprimere un soggetto, a differenza di sintagmi aggettivali, avverbiali e preposizionali, non sempre la soggettiva è il soggetto vero e proprio. Nonostante questa possibilità, in linea di massima lo è. Le soggettive con SN presentano una predicazione con un elemento nominale:

    1. [Acquistare una casa così costosa] è una follia
    2. È un peccato [che Fabio abbia smesso di suonare]

Come abbiamo visto è possibile sia la posizione anteposta che posposta al predicato. La frase predicativa può essere resa con il pronome lo:

    1. [Acquistare una casa così costosa] lo è
    2. [Che Fabio abbia smesso di suonare] lo è

4.1.2 Specificative

Le strutture specificative sono simili a quelle predicative appena viste ma la soggettiva non è il soggetto né il predicato, mentre la copula non ha un valore predicativo quanto di identità tra la proposizione e la nozione designata da SN. L’SN è ristretto ad una categoria che indica un’azione mentale, un concetto, un atteggiamento. L’uso della preposizione di non è obbligatorio:

    1. La decisione è (di) rimanere qui
    2. (*) L’ospite è di rimanere qui

A differenza delle costruzioni predicative, non può essere pronominalizzato da lo:

    1. (*) La decisione lo è
    2. (*) L’ospite lo è

4.1.3 Identificative

Qui le subordinate hanno la funzione di soggetto di un’identità:

    1. [Fare certe domande] significa non aver capito l’esame
    2. [Esprimere le proprie idee] non vuol dire soffocare quelle altrui.

Può apparire la preposizione di:

  1. Poter essere promossi implica (di) aver studiato molto

Possiamo avere strutture nominali che indichino un contenuto proposizionale:

    1. [La promozione] implica di aver studiato molto
    2. Poter essere promossi implica [il molto studio]

Risulta possibile la posizione postverbale come fenomeno di dislocazione a destra (che tratteremo alla fine del corso):

  1. Implica di aver studiato molto, essere promossi

Appare possibile l’uso del verbo essere per segnalare l’identità, ma non è ammessa la forma temporalizzata:

    1. (*) [Fare certe domande] è [che non si capisca l’esame]
    2. (*) [Che tu faccia certe domande] è [che non hai capito l’esame]
    3. (*) [Che tu faccia queste domande] è [non capire l’esame]

4.1.4 Verbi impersonali

Con i verbi impersonali la subordinata si comporta da soggetto sintattico ma non è il soggetto della predicazione:

    1. Succede [di sbagliare]
    2. Si dice [che Mario ama Luigi]

In linea di massima, se la subordinata è effettivamente il soggetto allora possiamo trovarla prima o dopo il verbo, senza la preposizione di. Negli altri casi la proposizione è interpretabile come complemento e preceduta da di. Questa seconda classe è composta soprattutto da verbi inaccusativi, sebbene anche la prima classe ne comprenda alcuni. Nel caso di verbi transitivi, la soggettiva rappresenta il soggetto.

4.1.4.1 Soggetti di verbi transitivi

Non sono introdotte da di e non possono essere cliticizzate da ne. Riguardano verbi quali allarmare, interessare, disturbare:

    1. [Il tuo aiuto] mi disturba
    2. Mi disturba [che tu sia sempre pronto ad aiutare]

4.1.4.2 Soggetti di verbi inaccusativi

Generalmente non introdotta da di, può precedere o seguire il predicato. Il ruolo tematico dell’esperiente è reso in questi verbi con il caso dativo:

  1. A Mario è bastato [aver detto quelle cose]

4.1.4.3 Complementi di verbi inaccusativi

Appare in genere in posizione postverbale, preceduta da di:

    1. Mi pare [di aver capito bene]
    2. Succede [di dover decidere in fretta]

Se il verbo reggente è accompagnato da un altro elemento p.es. negazione, argomento, avverbio ecc., la frase soggettiva può apparire in posizione preverbale introdotta necessariamente dalla preposizione:

    1. [Di dover decidere in fretta] capita a tutti
    2. (*) [Dover decidere in fretta] capita a tutti

Con i verbi dispiacere, rincrescere e premere la preposizione è facoltativa:

  1. Mi dispiace [(di) aver detto quelle cose]

4.1.4.4 Rapporti tra soggettive e SN

Con la maggioranza degli impersonali può apparire un SN dal valore proposizionale al posto della frase:

    1. È accaduto [un fatto inatteso]
    2. È accaduto [che Gianni è stato arrestato]

Alcuni verbi, come bisognare e parere non hanno un complemento nominale:

    1. (*) Bisogna [una persona esperta]
    2. Bisogna [che arrivi una persona esperta]
    1. (*) Mi pare [l’incapacità di Gianni]
    2. Mi pare [che Gianni sia incapace]

4.2 Oggettive

Se, come abbiamo visto finora, le soggettive sono proposizioni subordinate che occupano lo spazio sintattico dell’argomento esterno della frase reggente, le oggettive e le indirette sono quelle che si trovano nelle posizioni degli argomenti interni:

  1. Morivo e non volevo non morire (Stalinista, Giudici 2014)

4.2.1 Transitivi senza preposizione

Questa classe di frasi è caratterizzata da una certa continuità semantica tra i verbi che introducono l’infinitiva oggettiva; sono dunque verbi di volontà o che designano un certo atteggiamento rispetto a un’azione o ad uno stato: adorare, amare, desiderare, gradire, odiare, preferire ecc:

  1. Mario vuole trascorrere le vacanze con Luisa

Non è sempre possibile usare una forma temporalizzata. Per es. ardire e osare difficilmente possono reggere una subordinata con un soggetto diverso dalla reggente:

  1. (*) Ardisco che Luisa lavori

Diversamente, è obbligatoria la subordinata temporalizzata se il soggetto della reggente è diverso da quello dell’oggettiva:

  1. Desidero che Luisa faccia il mio lavoro

Ad eccezione di pochi verbi (ardire, intendere, osare), i restanti possono reggere un complemento oggetto:

  1. Mario desidera l’automobile a gasolio

Questi verbi possono essere pronominalizzati con lo:

    1. Mario gradisce partire di sera e anch’io lo preferisco
    2. (*) Mario osa partire di sera e anch’io lo preferisco

Questa classe di verbi conosce una certa variabilità circa la presenza della preposizione davanti all’infinito della subordinata, di natura stilistica:

  1. Per questa sera preferisco (di) cenare tardi

Nessuno di questi verbi può però presentare la preposizione a in questi contesti:

  1. (*) Per questa sera preferisco a cenare tardi

4.2.2 Transitivi con preposizione “di”

Questa classe di verbi conosce una certa affinità semantica: sono verbi dichiarativi (accennare, assicurare, dichiarare, dimostrare, dire, negare, omettere, telefonare, telegrafare, ecc.), epistemici (accettare, apprendere, immaginare, sapere, sognare, trovare, ecc.), di comando, permesso e divieto (comandare, imporre, ordinare, permettere, vietare, ecc.) ed una classe che copre diverse aree legate da un certo atteggiamento di volontà (pretendere, volere, aspettare, cercare, evitare, sopportare, tentare).

La costruzione temporalizzata è possibile quasi sempre, ma solitamente i verbi di comando e permesso richiedono l’infinito:

    1. Gianni ha garantito che il treno partirà in orario
    2. Gli studenti avevano proposto che la lezione venisse spostata
    1. Ti proibisco di parlare
    2. Ti ordino di stare calma

In questa classe è possibile l’omissione del complementatore che a patto che (i) il verbo sia di un certo gruppo e (ii) la subordinata sia un’oggettiva a tutti gli effetti e non una espansione del sintagma nominale:

    1. Non credo (che) si possa far molto
    2. Spero (che) sia frutto della tua immaginazione

Tra i verbi che possono reggere una oggettiva senza complementatore troviamo capire, credere, dire, pensare, temere, sperare, ecc.

4.3 Oblique

Così come le soggettive si trovano nello spazio sintattico del soggetto e le oggettive in quello dell’oggetto, le proposizioni oblique sono argomentali nello spazio dell’oggetto indiretto.

Sono possibili soprattutto costruzioni con verbi riflessivi, a cui ne vanno aggiunti altri: accorgersi, avvedersi, assicurarsi, contare, curarsi, disperarsi, dubitare, meravigliarsi, occuparsi, parlare, pentirsi, soffrire, vergognarsi. Nessuno di questi verbi è transitivo e quasi tutti accettano un argomento nominale; la proposizione argomentale è introdotta dalla preposizione di:

    1. Mario ha parlato del suo futuro
    2. Luisa si è illusa della vittoria
    1. Mario ha parlato di cosa vuole fare da grande
    2. Luisa si è illusa di aver vinto

Con alcune eccezioni, è possibile pronominalizzare l’indiretta attraverso il clitico ne:

    1. Il professore si è dimenticato di spiegare l’argomento
    2. Il professore se ne è dimenticato

Se introdotte da che (p.es. al congiuntivo), non presentano anche la preposizione di:

  1. Penso (*di) che tu debba mantenere le promesse

Molti verbi di questa classe reggono solo l’infinito (contare, curarsi, degnarsi, disperarsi, fantasticare, ecc.) mentre pochi ne permettono anche la costruzione temporalizzata (accorgersi, assicurarsi, avvedersi, dimenticarsi, disperare, meravigliarsi, ricordarsi, ecc.). Verbi come parlare e fantasticare sono di solito privi di complemento frasale e non consentono la forma temporalizzata, salvo nella lettura fattiva attraverso l’aggiunta della costruzione “il fatto che”:

    1. Parlavamo di fare una gita
    2. Parlavamo del fatto che faremo una gita

4.4 Interrogative indirette

Sono proposizioni subordinate che esplicitano una domanda o un dubbio, introdotte dalle congiunzioni se, come, perché, quando, quanto e dagli aggettivi e pronomi interrogativi chi, che cosa, cosa, quale, quanto:

    1. Mi chiedo [chi sia lo sposo]
    2. Luisa non sa [se andrà in vacanza con Mario]

Poiché le interrogative indirette sono argomentali che non presentano marche prosodiche o segni di interpunzione tipici delle interrogative dirette (Che ore sono?), la loro lettura interrogativa è data dal verbo reggente che codifica una condizione di dubbio o non conoscenza.

References

Renzi, L. 1988. Grande Grammatica Italiana Di Consultazione. Strumenti (Società Editrice Il Mulino).: Linguistica E Critica Letteraria, sv. 1. Mulino. https://books.google.cz/books?id=Xk8dAQAAIAAJ.

Giudici, G. 2014. Tutte Le Poesie. Oscar Poesia. Oscar Mondadori. https://books.google.cz/books?id=ABf1ngEACAAJ.